Indoratura Vara

Non sempre si ha la certezza dell’autore d’opere passate spesso attribuite a coevi da critici e scrittori; la prova comprovata a volte compare nelle scritture notarili, soprattutto nei bastardelli. Nel 1770, il console Francesco Buzzo e alcuni mastri dell’ artis aurificum contattarono Joseph de Angelo, magister Panormi per indorare la vara del mistere la “spartenza”. In tale occasione, ottemperavano l’antica obbligazione per la conservazione del gruppo a loro affidato nel 1621, che per privilegio ed esclusiva sugl’altri, andava lo primo di tutti gli altri misterij et che sempre detti consuli et maestri di arginterj siano preferuti li primi di tutti li altri misterij. Nello studio di Bartolomeo Daidone, l’8 gennaio 1770, Francesco Buzzo, console pro tempore, incaricava De Angelo ad indorare la Bara degli orefici con doverla prima nettare dell’oro vecchio, che in essa esiste e ridurla come se mai fosse stata indorata . Nella stesura del contratto si apprende che già in passato la pedagna era stata indorata e che occorreva un nuovo strato dorato e dei ritocchi per conservarla integra per diversi anni a fronte di tarme, di agenti atmosferici o d’eventuale umidità presente nella chiesa di San Michele. Principalmente, l’artista palermitano doveva anche stucchiare tutte le fissure e buchi che ci saranno e passargli la colla, e doppo il gesso per quante mani ce ne sarà di bisogno. Indorare di mostura tutte le cornice e tutto quello che deve farsi a mosaico benevisto all’Architetto di sudetti orefici . Esisteva quindi un progetto presentato da un ignoto “architetto”, approvato dai consoli, consigliere e deputati dell’arte e a sua disposizione e beneplacito , Giuseppe de Angelo riportava ad antico splendore li piedi di detta bara all’ultimo buon gusto ed a piacere dell’Architetto, dovendo pittare il dentro a colore di perla, bene et diligenter ut convenit . La mercede, seù materiale et magisterio ascese a 15 onze in pecunia ex pacto, somma eccessiva rispetto altre spese per rifacimenti e ritocchi di rovinati misteri e ciò ci dimostra che la vara degli orefici era in pessimo stato. Per cui, bene fece Francesco Buzzo (F.B.), Dionisio Porrata (D.P.), Angelo la Monica (A.M.), Vincenzo Bonagiuso (V.B.) e Girolamo Daidone (G.D.), uti deputatis coram artis aurificum (della D.V.I. – Drepanum Urbis Invictissima ) ad assolvere la committenza. Con patto espresso e convenuto, il 23 maggio, l’indoratore palermitano riscuoteva la prima rata in mercede di 6 onze e 15 tarì, juxta forma bastevole per compensare il costo di tanti scamuzzoli d’oro contenuti nella preparata mistura.

©Salvatore Accardi, ottobre 2005 – www.processionemisteri.it